La Spagna per me è stata una scoperta, non avevamo mai approfondito la nostra conoscenza dopo quei tre giorni passati velocemente a Barcellona tanti anni prima, ma ora ci siamo conosciute meglio e ci siamo avvicinate attraverso un “on the road” in terra andalusa, tra le città, i puebli, le colline e il mare di questa splendida zona spagnola ricca di arte, passione e cultura. Ma andiamo per gradi.
Siviglia mi ha letteralmente conquistata: calda, sensuale, passionale, romantica, vivace e chiassosa è la città delle porte aperte o socchiuse, al di là delle quali puoi trovare deliziosi patii dove giardini segreti in cui Occidente e Medioriente si fondono per dare origine ad un sapore speziato sia per gli occhi che per il palato. Ad ogni angolo Siviglia, nasconde una meraviglia: è una piccola bomboniera raccolta attorno ad alberi di agrumi e alle sue ricchezze architettoniche. Non posso consigliare un percorso prestabilito lungo la città, ma come sempre per me, la cosa migliore è lasciarsi andare e girovagare respirando la città scoprendone ogni angolo remoto, anche se, ci sono cose che assolutamente devono essere visitate: a partire dall’ imponente e colorata Piazza di Spagna, alla Cattedrale e la sua Giralda , al monumento dichiarato Patrimonio dell’Umanità l’Alcazar, alla Plaza de Toros (dove è possibile assistere ad una visita guidata), al serpeggiante Mirador alla via dello shopping la Sierpes fino a perdersi al Barrio di Santa Cruz e di Triana famoso per la produzione dei famosi Azulejos.
Siviglia non è solo la città da visitare, è una città accogliente da vivere: fermarsi in uno dei tanti tapas bar è un’esperienza di aggregazione obbligatoria, una tapas tira l’altra come una cerveza tira l’altra e niente di più bello è farlo chiacchierando con le persone intorno a te ascoltando le loro storie, mentre un venticello tiepido che profuma di Oriente ti accarezza le braccia e le spalle. Due giorni possono bastare, ma non si può dire di essere stati a Siviglia senza passare dalla “Carboneria”: questo locale ricavato da un’ex deposito di carbone, conta due grandi sale dove poter bere birra e Tinto de Verano, guardando in tutta comodità spettacoli di flamenco di alto livello. Consiglio di arrivare al locale non troppo tardi, nonostante sia capiente facilmente si riempie di gente.
Con il treno cominciamo il percorso che ci porterà in giro per l’Andalusia, e arriviamo a Cordoba: un piccolo gioiello dal sapore orientale. Cordoba è piccolina, un delizioso dedalo di stradine dove tutto è a portata di mano. La Mezquita rappresenta un incredibile costruzione dove ebrei, cristiani e musulmani fondono la loro religione, le loro architetture e i loro decori in un incredibile epopea di conquiste, distruzioni e costruzioni. E’ davvero incredibile, non credo ci possano essere troppe parole per descriverla, è letteralmente stupenda! Non sono riuscita a farlo, ma arrivare all’alba alla Mezquita vi permette di vedere questo luogo nella misticità del silenzio avvolti da nuvole di incenso e credo che ne possa valere davvero la levataccia. Per chi vuole dormire un pochino di più, ma non troppo dalle ore 8.30 alle ore 9.30 l’ingresso è gratuito.
Intorno alla Mezquita si snodano bianchi vicoli con i caratteristici vasetti blu attaccati ai muri, giardini nascosti, profumi e litanie di flamenco: una bella passeggiata tra le vie del paese porta al quartiere ebraico, al Tempio Romano, alla Plaza del Prado, alla Plaza de la Corredera, alla Calleja de Las Flores fino ad arrivare con il Ponte Romano allaTorre de Ja Calahorra.
Dal treno passiamo al pullman e dopo aver viaggiato tra campi di ulivi a perdita d’occhio, arriviamo alla nostra terza tappa, una delle più importanti, ma per me più deludenti Granada. Dopo essere stati a Siviglia e a Cordoba, Granada risulta una città più rumorosa e caotica che piano piano smorza queste sue caratteristiche via via verso il quartiere arabo Albayzin. Granada è la città di Federico Garcia Lorca, ma anche del grande castello rosso, il palazzo città fortezza l’Alahambra. Immaginate che io vi abbia letto questa frase come se fossi il narratore delle Mille e una notte e che la mia enfasi finale fosse preceduta da un pausa prima di pronunciare il nome….Alahambra.
L’ imponente patrimonio dell’Unesco per essere visitato ha bisogno di una necessaria, obbligatoria e scrupolosa programmazione: nonostante due mesi prima del nostro arrivo a Granada abbia fatto di tutto per prenotare l’ingresso, ho fallito nel mio intento. Rimaneva da fare solo una cosa, tentare la levataccia alle 4.00 del mattino ( si avete letto bene) e mettersi in coda con la speranza di essere tra i primi cento fortunati. Ecco..non lo siamo stati, quindi a mio malgrado sono a comunicarvi che non ho visitato il complesso centrale (Palacios Nazaries), ma solo la parte esterna compresi i giardini (Generalife). Mi sono sentita frustrata, soprattutto guardando le facce riposate di quelle persone che arrivate alle 10.00 potevano sventolare i loro preziosi biglietti comprati on line….arghhhh che nervi! Bè direte voi: ottima scusa per tornare a Granada? No…sento di portare ancora un po’ di risentimento verso …..l’Alahmbra (ho usato lo stesso tono usato sopra).Ma Granada non è solo questo, Granada sono le passeggiate per arrivare ai punti panoramici come il Belvedere di San Nicola, è bere un Tinto de Verano in uno dei tapas bar insieme a frittelle di patate, è fare affari nel souk arabo, è mangiare un ottimo cous cous, è dire no ad uno spacciatore che ti vuole propinare buonissima erba marocchina, è vedere ad un angolo della strada uno spettacolo di flamenco improvvisato su un asse di legno. Alla fine si…non andrò molto d’accordo con l’Alhambra e un giorno sono sicura che faremo pace, ma ammetto che anche Granada trasmette il fascino andaluso tipico del suo tempo e di quello che fu.
A Malaga arriviamo con l’autobus, ma ci fermiamo, per il momento, giusto il tempo della notte per poi ripartire la mattina seguente con una macchina presa a noleggio che ci porterà verso la zona Sud, non solo per vedere scorci incantevoli di costa, ma anche per visitare i paesi più arroccati sulle montagne dell’entroterra.
Tarifa non la si può che amare: città di surfisti, di pantaloni larghi di lino e infradito, di spiagge lunghissime e bar da aperitivi, Tarifa è un po’ freak, è un po’ quel luogo adatto per espatriare e importare la piadina romagnola, è da falò e chitarra sulla sabbia.
E’ densa di stradine, di negozi di artigianato, di un lungomare in cui passeggiare accarezzati dal vento che perenne rimane su questa spiaggia, di casette bianche da cui penzolano vasi di fiori di ogni colore e a renderla ancora più speciale è il riuscire a vedere la costa africana che dista solo 14 km. Il tonno fresco è una delle specialità e assaggiarlo in uno dei tanti ristorantini per cena corolla una perfetta giornata di mare. Una deviazione da Tarifa la merita l’imponente Playa Bolonia, lunga poco meno di 4 km che, con le sue dune, rappresenta uno scorcio talmente bello da non poter essere non visto. A Settembre a parte un gruppetto di surfisti risultava completamente deserta, condizioni ottimali, ma tenete conto che questa spiaggia è una delle preferite per il turismo spagnolo e in alta stagione potrebbe essere fastidioso non solo il vento, ma anche la troppa folla.
Da Playa Bolonia, ci dirigiamo verso i puebli bianchi incastonati tra le rocce: piccole punte bianche in mezzo al marrone delle montagne. Vejer de La Frontera e Arcos de la Frontera sono delle chicche a picco sul vuoto.
Si caratterizzano per una serie di intricate e strette stradine che si inerpicano sul crinale dove è possibile percepire la cristianità all’ennesima potenza e la tranquillità, non a caso negli anni sono stati scelti come residenza per numerosi artisti. Non c’è un modo per visitare questi “borghi”, se non quello di passeggiare tra le vie acciottolate ed ascoltarne il silenzio.
Cadiz è stata una visita veloce, ma anche questa città marinara di conquistatori, per la sua posizione strategica, ha un fascino davvero particolare. La passeggiata si snoda dalla Piazza principale con la sua cattedrale fino ad arrivare al Castillio De Santa Caterina proprio sul mare. Potete scegliere di godervi una giornata in una delle sue spiagge oppure arrampicarvi su una delle due torri per ammirare panorami a perdita d’occhio.
Come dicevo Cadiz è stata sacrificata a favore di recuperare più tempo da dedicare a Ronda, città intrisa di viscerali sensazioni. Ronda è scenografica, è vanitosa, è sacra, è poesia, Ronda è tutto quello che cercavo in una città andalusa, a Ronda anche la corrida e il sacrificio del suo Toro ha un perché, a Ronda respiri l’Andalusia.
Ronda era il luogo ideale per i banditi, ma anche per gli scrittori: Ernest Hemingway scrisse e ambientò uno dei suoi famosi romanzi proprio in questo luogo incontaminato. Da non perdere la visita al Ponte Romano che sovrasta la gola di El Tajo, a La Mina la scala di epoca araba di oltre 300 gradini, a Plaza de Espana e una visita guidata alla Plaza de Toro, molto più bella e più antica di quella di Siviglia.
Ronda si reputa la capitale della Corrida e ospita la scuola equestre della Real Maestranza de Ronda, a questo riguardo “Morte nel pomeriggio” può offrire un interessante chiave di lettura di questo spettacolo cruento. Chi ha più tempo da dedicare o anche solo per chi è appassionato e predilige questo tipo di attività ad altro, a Ronda è possibile organizzare bellissime escursioni di trekking più o meno complessi.
Dedichiamo a Malaga una sola giornata e anch’essa si rivela una città dal classica sapore Mediterraneo con belle spiagge, con bei viali alberati, ma anche con una certa importanza storica: dal nuovo Museo e alla casa Natale di Picasso fino alla Alcazaba de Malaga palazzo fortezza dei governanti musulmani della città, a cui è doverosa una visita. Una bella passeggiata fino al Castillo di Gibralfaro può rappresentare un interessante preludio ad un pomeriggio passato sulle affollate spiagge.
Il tempo di stare qui è purtroppo finito e i postumi della fredda mattinata a fare la fila per accaparrarsi i biglietti per entrare all’Alhambra cominciano a farsi sentire, un bel febbrone 38.5 mi accompagna per l’ultima serata e per tutto il viaggio di rientro.
E’ a sorsi di Tachipirina che finiscono 1000 km tra autobus, treno, macchina e piedi in questa terra chiamata Andalusia. Andalusia dal sapore sanguigno, a partire dalla cristianità esposta e vissuta all’ennesimo livello, dal suo tinto di Verano e dalla sua sangria, dal bianco dei puebli incastrati nella roccia, dai colori rossastri delle frappe sventolate e dal nero dei tacchi sbattuti a suon di flamenco agli angoli delle strade. Dal ‘duende’ e dalle urla dei ‘cantaor’ passionali, dalle architetture moresche sino ad arrivare al vermiglio della ‘muleta’, usata da un carismatico matador che staglia la sua figura esile ed elegante contro il dorato di un arenile e il nero lucido mantello di un toro, protagonisti entrambi di una cruenta danza che segue regole di ‘cuore’ ben precise. Andalusia terra dalle mille sfumature, terra del vento, di bandoleros e di gitani, Andalusia terra di cuore.
Un commento
Claudia
Per me la Spagna è come una seconda casa e l’Andalusia la trovo veramente bellissima…è stato un piacere ripercorrerla con la mente attraverso questo articolo!