Come sempre le operazioni di imbarco agli aeroporti birmani scorrono davvero veloci e smart, e ci ritroviamo alle 07,35 su un volo diretto a Mandalay. La guida diceva che a prima vista Mandalay sembra la classica grande metropoli,..be’ aggiungerei NON solo alla prima, ma anche alla seconda vista!Una città con un traffico e uno smog infernale!
Visto che nel nostro albergo il noleggio delle biciclette risulta essere gratuito e la guida lo annoverava come uno dei migliori modi per visitare questa “città piatta come una tavola”, decidiamo per fare proprio così, noleggiare una bella bicicletta.Nessuna scelta fu mai sbagliata….Aiuto!!!!Non è il miglior modo per visitare la città, è il miglior modo per suicidarsi!Girare in bicicletta è’ un inferno, è’ un districarsi tra macchine, motorini, carretti che ti sfrecciano da ogni dove, ad ogni incrocio è una lotta alla sopravvivenza, perché vince chi passa per primo, peccato che la giungla di ferraglia e il concerto di clacon è davvero allucinante!Tutti ci salutavano e ridevano…chissà perché…forse perché solo due pazzi come noi possono fare una cosa del genere? Maybe…
Pedalando, siamo arrivati a fatica al monastero di Tek su palafitte, il Shwe In Bin Kyaung, poco turistico e con ingresso libero: un monastero che accoglie una piccola comunità di monaci.Dopo averlo visitato e respirato un po’ di silenziosa pace, siamo scappati a gambe levate in albergo per prenotare un taxi: basta bici, vogliamo e abbiamo intenzione di vivere ancora!
Il Taxi prenotato (Mr Sai Taxi Service mrsaitaxiservice.mdy@gmail.com, ottimo servizio) ci porterà direttamente ad Amarapura ( a 11 Km circa da Mandalay) per far visita ad uno dei soggetti più fotografati dopo i templi di Bagan, il ponte in tek, lui…il ponte UBen.Prima di arrivare al ponte, però, facciamo sosta all’ennesima pagoda la Mahamuni Pagoda, famosa per custodire al suo interno un Buddha completamente ricoperto di foglie dorate, talmente tante che nel corso degli anni le gambe incrociate della statua sono diventate “ciccione ciccione”, quasi da sembrare un Buddha affetto da elefantismo, sarei proprio curiosa di vedere questa statua tra una decina di anni. Davvero incredibile!
Il volto e’ l’unica cosa rimasta intatta, volto che viene lavato con minuzia ogni mattina. Le donne non possono accedere nella stanza del Buddha, ma assistere al posizionamento del proprio dono o appena subito fuori o attraverso schermi appositamente posizionati al di fuori della stanza: durante la visita potrete proprio vedere alcune donne pregare davanti alla televisione, mentre un addetto appoggia le foglie d’oro commissionate.Non finiscono mai di lasciarmi interdetta, che popolo fantastico.
Capisco di arrivare al ponte quando in lontananza vediamo orde di pullman, pulmini, motorini e taxi, scendiamo dal nostro e cominciamo la camminata di 1,2 km sul ponte pedonale più famoso della Birmania completamente fatto di Tek. Circa a metà scendiamo giù con una scaletta traballante attirati da un gruppo di bambini proprio sulla riva del lago, piano piano mi avvicino attraverso la risaia e i cinque bambini sono felicissimi di vedermi e di farsi scattare una decina di fotografia, che ovviamente vogliono vedere dallo schermo della mia macchina, gioia pura! Prendo posto vicino ai fotografi già posizionati e aspetto uno dei secondi tramonti più attesi della vacanza e il sole, con complice uno sfondo non di poco conto, fa il suo senza deluderci.
Il giorno seguente il programma è’ quello di andare a Mingun, dove si possono ammirare i resti di quella che sarebbe stata la più alta Pagoda del mondo.Arriviamo al piccolo porticciolo dove nell’attesa del traghetto assistiamo alla vita contadina e lavorativa della comunità birmana, una vera delizia per gli occhi.
Con 5000kt ( andata e ritorno) ci imbarchiamo e partiamo alla volta di questo piccolo villaggio famoso solo per una cosa: la gigantesca pagoda incompiuta a cui alcuni terremoti hanno regalato due caratteristiche crepe a forma di fulmine. Abbiamo all’incirca due ore per visitare il piccolo villaggio, paghiamo i 5000 kt di tassa per visitare il sito archeologico, e sbrigate queste formalità ci incamminiamo a vedere questo patrimonio immortalato in maniera eccelsa anche da McCurry.
L’imponenza e il pensiero di che cosa sarebbe potuta diventare se conclusa sono i primi pensieri che ti colpiscono, un vero spettacolo sia per gli occhi che per la macchina fotografica. Non oso davvero immaginare che progetto sarebbe stato se tutto fosse andato nel verso giusto. Riusciamo anche a scalare la pagoda, cosa che si può fare da poco, dopo il terremoto del 2012 l’ accesso era vietato, ma nonostante la fatica, il panorama paga.
Tornati alla base ci dirigiamo con due moto-taxi alla Mandalay Hill, nella speranza che questa ci riservi un’altra bellissima sorpresa, in realtà non è’ proprio così…la collina di Mandalay non è’ altro che un tempio abbarbicato che funge da finestra sulla città e nuovamente a piedi scalzi ci accingiamo a salire i circa 950 sporchi gradini per arrivare fino alla cima e guadagnarci la grazia dei peccati compiuti in nostra vita.Durante il tragitto si incontra di tutto: cani, gatti, bancarelle con cibo, bevande e soliti souvenir, monaci che parlano con i turisti per esercitare l’inglese, templi, altarini con le solite luci al neon, e piano piano si arriva alla cima. Vi accorgerete di essere arrivati solo nel momento in cui vi verrà richiesto di pagare 1000 kt. Noi non abbiamo pagato e ci siamo fermati al livello inferiore, da cui si può comunque godere di un bel panorama, per poi ridiscendere giù. Una cosa curiosa: durante il tragitto ci sono delle brocche in ferro con un bicchiere, queste brocche servono per dissetare gli avventori del tempio, acqua con cui poter riempire le proprio bottiglie, ecco…non fatelo!
Sudati e decisamente impolverati torniamo al nostro albergo: domani direzione Heho, lago Inle.
La prima cosa che ti rende leggero quando arrivi ad Heho, dopo essere stato a Mandaly, e’ il rendersi conto che finalmente sei atterrato in una zona tranquilla e più o meno rilassante. Il lago Inle è’ davvero un oasi di pace, il traffico diminuisce sensibilmente e la vita è tutta più lenta e tranquilla. Alloggiamo a Nyaungshwe al “The Manor Inle Hotel”, considerata il punto di partenza per le diverse escursioni sul lago Inle, che sia trekking o una semplice gita in barca. Prima di arrivare in città, il vostro taxi o il vostro bus si fermerà ad un piccolo casello per farvi pagare la Entrance Fee di 10 Dollari a testa, tenete a portate di mano i passaporti. Questa piccola cittadina visitabile a passo d’uomo è, purtroppo, un cantiere a cielo aperto. Il notevole ed improvviso aumento di turismo, ha raddoppiato gli investimenti nella zona, portando ad uno sviluppo esponenziale di ristoranti, guesthouse e hotel, taluni anche di poco gusto che tendono a deturpare il paesaggio con la loro altezza spropositata.
Dopo Mandalay, arrivare qui è come prendere una boccata d’aria: noleggiamo due biciclette ( questa volta consigliatissima soluzione) e ci perdiamo tra le stradine asfaltate che si dipanano intorno al lago, fino ad arrivare alla “Red Montains Vineyard”.Il percorso per arrivare fino alla tenuta vinicola è davvero una delizia anche se, l’ultimo pezzettino risulta così ripido che ti costringe a scendere dalla bicicletta e farla a piedi, ma una volta arrivati in cima vi assicuro che il tutto è’ molto piacevole: dai tavoli alla vista…tranne che il vino. Con 3000 kt puoi fare una degustazione di 4 diverse tipologie di vini: vi assicuro che 4 tipi sono assai troppi, considerando il fatto che si tratta dei vini più cattivi che io abbia mai sentito, un retrogusto di varechina allucinante, pessima idea la degustazione! Ridiscesi in paese, siamo arrivati fino al porto a contrattare una barca per il giorno dopo, non in agenzia, ma proprio per strada, vedrete che sarete fermati da un sacco di ragazzi proprietari delle barchette. I prezzi si aggirano intorno ai 15,000/18000kt, per 15 riusciamo a strappare un boat trip di mezza giornata, come da programma.
Il giro in barca si è’ dimostrato davvero una bellissima esperienza: il nostro barcaiolo è’ stato gentile e premuroso, si è fermato in qualsiasi punto del lago per farmi scattare le foto che volevo e ci ha accompagnato lungo il percorso canonico, non mancando di fermarsi qua e là nelle varie ‘factory’: argento, cotone, ombrelli, carta e sigari dove non manchiamo nemmeno un acquisto.Sulle acque di questo lago che vanta colori meravigliosi, arriviamo al mercato che si trova per quel giorno a NamPan ( cambia location ogni giorno) e ci troviamo in mezzo ad un vero e proprio fermento. Che meraviglia!!! Nella parte interna, quella meno turistica, ma più birmana si vende davvero di tutto: dalle verdure alle spezie, dagli abiti ai longyi, dal betel alla benzina, dai pulcini vivi alle zampe di gallina. È’ tutto un fermento, conversazioni a voce alta, grida, borse piene, contrattazioni e secondo il mio punto di vista il mercato rimane una delle cose più belle da vedere e da vivere in un paese straniero soprattutto nella zona asiatica e nella zona medio-orientale.
Ci fermiamo a pranzare in uno dei ristoranti sul lago e noi ne scegliamo uno consigliato dalla guida, il ‘ Green Chili’, per poi proseguire la navigazione all’interno di un villaggio galleggiante, dove possiamo vedere persone durante la loro vita quotidiana che lavano i piatti, che lavano se stesse e che lavano generi alimentari sempre esclusivamente nell’acqua del lago e ti rendi conto di come a questo popolo galleggiante non serva altro che la sua fonte di vita stessa, il lago.Passando per l’atmosfera surreale dei giardini galleggianti, veri e propri orti galleggianti ( zucche e pomodori per la maggiore) arriviamo al monastero Ngaphe Kyaung, detto anche il “Monastero dei gatti che saltano” carino da vedere, ma c’è un piccolo particolare i gatti che ci vivono ora non saltano più, ma piuttosto si sollazzano tra una statua del Buddha e l’altra.
Alcuni consigli fondamentali per organizzare al meglio la vostra gita in barca:
– Non è necessario prenotare su internet o tramite agenzia, ma è molto più economico e conveniente contrattare direttamente dai barcaioli nei pressi del porto. Nelle agenzie non è possibile fare contrattazioni e sono relativamente più care.
– Assicuratevi che i sedili siamo imbottiti e che a bordo ci siano i giubbini salvagente ( tendenzialmente sono dappertutto, ma meglio esserne sicuri), vedrete che gli stessi ragazzi con cui prenderete accordi vi mostreranno quella che sarà la vostra barchetta.
– Partirete di mattina presto, quindi copritevi molto bene con felpe, pantaloni lunghi ed eventualmente una berretta. L’aria in barca di prima mattina è’ davvero fredda. Sopra i vostri sedili troverete delle coperte, ma non basteranno a sfidare il freddo frizzantino. Ricordate inoltre, di non partire senza: un cappellino, una crema solare, salviette intime ( in pochi bagni troverete la carta igienica), acqua e un repellente per le zanzare ( noi non ne abbiamo trovate, ma dipende anche dal periodo in cui andate);
– I pescatori che troverete non appena uscirete dal fiume che collega la città al lago, non sono veri pescatori, anche se hanno il loro fascino. Fatevi portare dal vostro barcaiolo a vedere quelli veri, vedrete che vi accontenterà e riuscirete a fare foto strepitose sia a loro che a diversi personaggi che durante la vostra gita incontrerete in qua e in la. Il lago è’ davvero una fonte inesauribile di scoperta.
Il giorno dopo la gita sul lago decidiamo di prendercelo come puro relax: la mattinata la passiamo in paese camminando e bevendo caffè e/o the’ leggendo un libro e scrivendo, per passare poi il pomeriggio in bicicletta: noleggio di due biciclette per 2000kt all’incirca 1 euro e 40 cent.Il pomeriggio passato è’ stato davvero piacevole: abbiamo impiegato all’incirca tre ore su e giù per le colline toccando diverse tappe tra cui le Hot Spring: sorgenti termali che non sono niente di particolare a meno che non vogliate entrare in una sorta di Spa con tre piscine, una per gli uomini, una per le donne e una comune, che vi costerà un biglietto caro per qualcosa che non è proprio delle più belle.Abbiamo saltato a piedi pari l’ingresso alle fonti termali per salire, invece, sulla pagoda proprio di fronte alle sorgenti, per scattare qualche foto. Da lì siamo scesi e dopo aver contrattato una barca (con enorme fatica siamo riusciti a fare una barca collettiva in 4 per 10000kt in totale), abbiamo fatto una gradevole traversata del lago per poi scendere dalla parte opposta e ritornare al paese. La pedalata è’ stata piacevole sia per il clima, ma anche per l’atmosfera che, durante il tragitto, ci ha fatto incontrare monaci, contadini al lavoro, donne e bambini tutti rigorosamente con il sorriso e con il loro meraviglioso saluto ‘ mingalabaaaaaa’!
Il giorno dopo, partiamo per i nostri ultimi tre giorni in questa terra fantastica e ci dirigiamo verso la zona di mare, più precisamente a Ngapali. Questa zona di mare risulta essere un vero rifugio di tranquillità, forse complice anche il periodo, ma comunque molto più cara rispetto tutte le zone visitate fin’ora. La strada che collega l’aeroporto a Ngapali costeggia tutta la costa e tutta una serie di Resort più o meno di lusso e permette di vedere sia la spiaggia che il mare. La spiaggia è splendida, una distesa lunghissima e bianca di sabbia sottoposta ad una forte marea: la mattina risulta essere il doppio che nel pomeriggio. Consiglio proprio questo: svegliarsi presto e fare una lunghissima e rilassante passeggiata per poter ammirare oltre che centinaia di artistiche conchiglie anche una decina di pescatori ( verso Sud, subito dopo il ristorante sullo scoglio) e donne impegnate ad essiccare alghe su tappeti di plastica blu. Si respira oltre che un fortissimo e pungente odore di pesce, un’atmosfera davvero rilassante, da respirare a pieni polmoni.
Se volete mangiare in un posto diverso dal solito vi consiglio, quello che prima ho definito “ristorante sullo scoglio”, il Pleasant View Restaurant”, è più caro rispetto a quelli presenti sulla strada, anche perché questo è sulla spiaggia, ma risulta essere molto suggestivo. E’ collegato alla terraferma da un piccolo ponte di legno e per arrivarci è interessante sapere che, a seconda della marea, o si cammina in pochi cm di acqua oppure vi verrà offerto il trasporto su un piccolo traghetto manuale ij maniera gratuita. Noi abbiamo mangiato lì per pranzo, caro e cucina nella media che offre un mix di piatti birmani, thailandesi e pesce fresco.
E così il viaggio in Birmania volge al termine, ce ne ho messo un po’ per raccontarvela tutta perché questa terra merita di essere raccontata e soprattutto visitata. Come ho già detto più volte, attualmente rimane uno dei viaggi più belli della mia vita, quelli dove rimani a naso su a guardare quelle mongolfiere che sorvolano Bagan e pensi che tutta la delicatezza e la poesia del mondo sia racchiusa qui, un paese che risulta essere un balsamo per occhi e spirito…e poi c’è il silenzio.
“ I birmani non vogliono farsi ricordare per la tristezza che si intravede sui loro volti o per l’oppressione a cui sono condannati, ma per la gentilezza e la semplicità dei piccoli gesti. Così si accontentano di farsi ricordare dai turisti per quello che sono, e cioè gente delicata e pacifica, eppure forte di fronte ai soprusi, ancora non stanca di combattere e sognare che le cose possano migliorare, un giorno. Grazie alla loro Iron Lady e forse grazie al resto del mondo” ( cit. “Il silenzio e i suoi colori”)
Grazie Myanmar di averci accolto e regalato!