Amo l’Asia. Amo il profumo dell’Asia.
Piano piano, imparerete a conoscere la mia passione sviscerata per questa parte di mondo.
SINGAPORE, prima parte di un itinerario verso la Malesia, significava essere di nuovo in quella terra di stretti occhi sorridenti, in quella terra dove il sole si appoggia sul mare con una metrica poetica, dove la verdura e la frutta si sposano in un connubio armonico di sapori, di colori e di spezie.
La città-Stato è perfetta, direi una precisione e un ordine quasi maniacale che fa di se stessa una ragazza fin troppo seria.
Quartieri diversi si susseguono, così come gli stili che passano davanti ai nostri occhi: da uno scorcio di India ad uno di Cina, fino ad arrivare al superlusso dei World Trade Center Business che con lo spirito e i suoni dei precedenti sembrano non c’entrare assolutamente nulla.Tutto è minuziosamente organizzato in un silenzio quasi sacrale in qualsiasi luogo, persino sulla strada.
Nella città in cui aleggia una sorta di silenziosa sottomissione civile a scapito della perfetta vivibilità è facile sentirsi piccoli e pensare alla nostra Italia come uno stivale pieno di calzini disordinati.
Siamo rimasti a Singapore per due giorni e abbiamo soggiornato all’Hotel Re!Pearl’s Hills, prenotato tramite booking.com (nostro fedele compagno di viaggio) discreta sistemazione e discreto rapporto qualità/prezzo, partendo dal presupposto che Singapore è una città non proprio economica.La prima giornata è stata dedicata interamente alla visita delle attrazioni più importanti della città:
- Marina Bay Sands non è altro che un hotel, ma avete presente quando parliamo di uno degli hotel più famosi del mondo? Ecco, LUI fa parte degli eletti. Il Marina Bay sta a Singapore come il Burj Al Arab Jumeirah ( la vela) sta a Dubai, per intenderci. Una diavoleria architettonica unica nel suo genere che, con la sua forma ad aereo e la sua meravigliosa “Infinity Pool”, è diventano uno dei simboli della città. Questo hotel si erge letteralmente nel cuore del centro finanziario popolato da banche, uffici, negozi, magazzini e lussuosissimi centri commerciali abitati dai più prestigiosi brand mondiali.
- Chinatown: colorata, vivace, meno seriosa, ma comunque ordinata e precisa, lei rappresenta il centro della cultura cinese presente in città. Si passa dai tempi indù al tempio buddista, fino ad arrivare a Sago Street brulicante di bancarelle, negozietti e ristoranti a misura di turista.
- Little India: il quartiere mi ha dato l’impressione di essere leggermente più autentico e meno turistico rispetto Chinatown. Little India sembra che abbia saputo preservare lo smalto della sua cultura: accompagna la nostra passeggiata musica indiana sparata da altoparlanti e radioline disseminate in qua e in là, donne con i sari, odore di incenso e gelsomino e ristorantini che offrono le loro specialità a base di curry. Tutto ciò partecipa a rendere questa piccola parte della città davvero caratteristica.
- Colonial District: è il quartiere che testimonia il dominio britannico. Sorgono diversi edifici con la classica architettura che ne evidenzia lo stile e il suo Raffles Hotel rappresenta l’emblema del colonialismo. Questo hotel è stato famoso nel primo novecento per la sua raffinatezza, nonchè per i suoi ospiti illustri tra cui Hesse e Kipling che ne hanno aumentato il suo prestigio e la sua esclusività
- Orchad Road: come descriverla? Oxford Strett, the 5thAvenue, gli Champs Elysees fino ad arrivare alla nostrana Via Condotti o Via Montenapoleone, ecco è lei, la via dello Shopping griffato di Singapore. Alla fine ogni città che si rispetti ne ha una. Negozi, tanti… centri commerciali, tanti…ristoranti e bar esclusivi,tanti… niente di eccelso se non il suo National Orchid Garden. Un poetico e bucolico giardino dove si possono ammirare orchidee di ogni tipologia, forma e colore, tra cui quelle dedicate a Lady D e alla regina Elisabetta.
Una camminata lunga un giorno con trasporti, nemmeno dirlo, perfetti. Con la metro è possibile raggiungere comodamente tutti i punti di maggiore interesse utilizzando la Ez-link card: una tessera ricaricabile (sorella della londinese OysterCard), che scala soldi ogni qual volta raggiungerete la vostra meta.
Per la serata decidiamo di affidare la nostra sorte al quartiere Clarke Quay pieno stra pieno di qualsiasi tipo di bar, ristoranti, gelaterie, che fa perdere quel non so di caratteristico, è il classico quartiere globalizzato: siete qui, ma potreste trovarvi in qualsiasi altra città del mondo.
C’è una parte della città che mi è piaciuta anche se assolutamente artefatta e creata a misura di portafoglio: sto parlando dell’isola di Sentosa. Dopo aver passato la mattina agli Universal Studios (ma questa è un’altra storia), il pomeriggio passato qui è stato molto placido e piacevole. Abbiamo camminato attraverso la Merlion walk, caratterizzata da una lunga fontana tutta piena di mosaici che ricordano moltissimo le architetture del Parc Guell di Barcellona. L’isola, non solo è fattibilissima a piedi, ma nel caso esistono “trenini” gratuiti che vi possono portare nei punti principali, come a Palawan Beach dove un ponte sospeso vi condurrà ad un piccolo isolotto considerato il punto più a Sud dell’Asia Continentale.
Quando leggo che Corrado Ruggeri definisce questa città, “la Svizzera dei tropici”, non mi sento di dargli torto. Non esiste migliore definizione per renderle perfetta giustizia.L’idea di come in questa città Stato fila tutto come l’olio è incredibile finché non la si vive: tutto è pulito, nessuno fuma, le macchine sono pochissime, pochi hanno un cane, l’unico suono che senti in metropolitana è lo scalpiccio dei passi che vanno e vengono, nessuno urla. Bellissima città, anche se in questa perfezione, quasi maniacale, è facile rischiare di trovarsi un po’ fuori luogo e sentirsi un po’ il “pirla” di turno.